Strada Pelosa Canale Brentella Capitello di S.Rocco Edificio Vecchio Chiesa di Cave

Il Lazzaretto alle Brentelle

Il Lazzaretto alle Brentelle fa parte della lunga lista dei monumenti demoliti a Padova nei primi decenni del XIX secolo, all'indomani della radicale trasformazione politico-amministrativa subentrata al crollo del regime napoleonico.

  Le note che seguono sono state tratte dal libro: Il Quartiere Brentella: la Città di Padova oltre le mura occidentali di Claudio Grandis.

Una breve premessa

Costruito tra il 1533 e il 1555 il Lazzaretto venne eretto nello stretto spazio racchiuso tra la riva destra del canale Brentella e l'antico "Arzeron comune", oggi Via Montecero.Edicola di S.RoccoDella sua presenza ci sono rimaste solo poche immagini, il nome di un corso d'acqua - il Lazzaretto (1) per l'appunto - e l'edicola religiosa posta all' incrocio di Via Pelosa con Strada VII Martiri, contenente un' antica statua raffigurante S.Rocco, il patrono cui ricorrevano le popolazioni di mezza Europa tutte le volte che si manifestavano sintomi di epidemie e pestilenze. (foto inaugurazione)

 (1Lo scolo Lazzaretto corre lungo il lato ovest di Via Montecero, proveniente dall'abitato di Caselle e precisamente dalla chiavica regolatrice di Treponti; termina il suo percorso nel grande di bacino di raccolta dell'idrovora del Brentella, scavato dopo l'alluvione del 1966.

Le vicende politiche

  Tra il 1523 e il 1533 il Consiglio della città di Padova dibattè a lungo sulla necessità di costruire un nuovo lazzaretto visto che il precedente, ricavato nel piccolo monastero femminile di Via Fistomba, era stato abbattuto per creare la spianata attorno alle nuove mura della città.   Padova era stata Mura veneziane a Savonarolariconquistata da Venezia sul finire del 1509.  Tra gli immediati provvedimenti del Senato Veneto, rientrava, tra l'altro, la costruzione delle nuove mura difensive ...
 

  La costruzione delle mura, in particolare, comportò una profonda alterazione dell'immediata periferia della città. Essa infatti interessò, non solo gli spazi per l'elevazione delle murature, degli spalti e dello scavo dei fossati, ma coinvolse pure l'immediato anello esterno per un'estensione di oltre 1.500 metri dalle mura verso il contado, che venne sistematicamente sgombrato da ogni presenza (spianata che assunse il nome di Guasto).

  Erano stati i progettisti militari ad imporre la realizzazione della spianata ...le nuove tecniche militari elaborate con l'avvento delle potenti macchine da fuoco prevedevano che, per colpire i potenziali assedianti, lo spazio doveva essere sgombro da ogni riparo. Tra gli edifici abbattuti figurava anche il vecchio lazzaretto, o "Nazareth", ricavato all'interno del monastero delle monache benedettine di Fistomba, in seguito al trasferimento delle religiose nel convento cittadino di S.Stefano (l'odierno palazzo della Prefettura).

La scelta dell'area: le ragioni logistiche

In epoca carrarese (1318-1405) ... si era convinti che il contagio provenisse dalla nemica Venezia, città rivale, ma anche scalo privilegiato delle merci provenienti dall' Oriente. All'indomani della conquista di Padova da parte di Venezia, questa convinzione venne meno. Da Venezia, tenuto conto dei controlli su passeggeri e merci, non c'era più motivo di temere il diffondersi di epidemie.

  Altrettanto non si poteva dire per ciò che arrivava dal Trentino e dalla Lombardia. Dalla zona occidentale e settentrionale gran parte dei viaggiatori e delle merci giungevano a Padova per mezzo di imbarcazioni e zattere, passando necessariamente per il canale Brentella e per il vicino centro del Bassanello. Collocare in questa zona un posto di controllo, avrebbe facilitato le operazioni e l'eventuale deposito per quaranta giorni (la nota quarantena) delle persone e delle merci stesse.

  L'ubicazione del Lazzaretto in questa zona consentiva pure di convogliare eventuali persone e merci infette provenienti dalle strade, come la "Mestrina" (odierna Statale 11), la "Montanara" (attuale Strada dei Colli) e la "Strada Battaglia" (odierna Statale 10); seppure praticabili solo nelle stagioni favorevoli, le antiche piste in terra battuta convogliavano in città considerevoli quantitativi di merci e persone a piedi, a cavallo e in carrozza.

La corte benedettina di Praglia

  Anche se resta incerta la data del trasferimento, è comunque sicuro che già nel 1527 il Lazzaretto era stato provvisoriamente trasferito a Brusegana presso l'antica corte benedettina del monastero di PragliaIstituto Duca degli Abruzzi  (l'odierno Istituto Tecnico Agrario "Duca degli Abruzzi"). L'11 febbraio di quell'anno il Doge di Venezia Andrea Gritti ordinava al podestà ed al capitano di Padova di provvedere affinché gli ammalati fossero trasportati in altro luogo e che si trovasse un'area idonea da destinare stabilmente a lazzaretto .. ordini ed inviti a restituire la corte benedettina ai monaci furono reiterati dal Doge, fino al 1533 quando il Consiglio della città raggiunse l'accordo per l'acquisto del terreno e diede l'avvio ai lavori in località Barca "loco alla Stra Pelosa sopra l'acqua delle Brentelle tra il ponte di Brentelle de Sopra e quello de Sotto miglia doi distanti de quella cità".

La costruzione del Lazzaretto nuovo

a) L'acquisto dell'area

Tra le prime attestazioni di volontà dirette alla costruzione del nuovo lazzaretto, troviamo una ducale (tipico provvedimento del Doge veneziano) del 1523 con il quale si autorizzava il riuso di pietre, coppi e legnami provenienti dalla demolizione di alcune case abbattute in "curia palatii" (odierna Piazza Capitaniato) per la costruzione del nuovo Lazzaretto.

   Da questa data e fino al 1533, anno d'inizio dei lavori, è un susseguirsi di provvedimenti, deliberazioni cittadine e ducali del Doge veneziano. Lazzaretto 1683Il ritardo di circa dieci anni tra la decisione iniziale e l'avvio dei lavori è da imputarsi alla contrastata vicenda che interessò l'acquisto del terreno... Nel 1529 la Comunità di Padova acquistò i terreni appartenuti a Brunoro da Thiene. In realtà quella prima scelta non fu ritenuta la migliore poiché l'area risultava troppo bassa e soggetta agli allagamenti del canale Brentella. La decisione iniziale si spostò dai terreni della famiglia Thiene, posti in capo alla strada Pelosa, a quelli più interni, ma contigui ai primi, di proprietà dei Camposanpiero, antica e nota famiglia cittadina. Alla fine vennero acquistati entrambi gli appezzamenti di terreno racchiusi dal Brentella ad est, dalla strada Pelosa a nord e dalla strada vicinale (oggi Via Montecero) a ovest per complessivi dodici campi padovani (pari a 47.800 mq.)

 

b) La progettazione della fabbrica

  Erice Rigoni, sulla scorta del "Giornale di cassa del 1533-43" sostiene che i lavori, iniziati nell'agosto del 1533 e ancora in corso nel 1543, si conclusero in data imprecisata. Una conferma di tale stato di cose viene dalla decisione presa dal Senato veneto nel 1545, per agevolare il prosieguo del cantiere, di autorizzare il riuso di materiali provenienti dal crollo del castello di Limena. Lazzaretto 1791Come per molte altre costruzioni del XVI secolo anche il Lazzaretto conserva gelosamente l'ignota paternità del suo progettista. Tra il 1532-33 a Padova sono presenti diversi nomi celebri dell'architettura veneta. Dal 1529 opera a Venezia e in terraferma Sebastiano Serlio; nel 1532 Giovanni Maria Falconetto è alle prese con il Monte di Pietà in Piazza Duomo; dal 1530 Michele Sanmicheli fa la spola tra la laguna e Verona, progettista del Palazzo Canossa a Verona (1531-1537). Nel 1532 arriva a Padova pure Andrea Moroni da Albino (Bergamo), il progettista della chiesa di S.Giustina, dell'ala antica del palazzo comunale (oggi Palazzo Moroni), del cortile antico del Bo e dell'Orto Botanico. Pochi anni dopo il suo arrivo in città, e sicuramente dal 1539, il Moroni riceve l'incarico di ripensare e progettare le più importanti fabbriche pubbliche delle città, tra le quali, probabilmente, anche il Lazzaretto alle Brentelle.

 

c) Il cantiere

La fonte esclusiva, sull'andamento del cantiere è "il Giornale di cassa" che, oltre a riportare i quitidiani pagamenti per la fornitura dei materiali e l'esecuzione dei lavori, ci presenta un animato mondo di artigiani e commercianti. L'impresario edile è un certo Giacomo da Lona (località del Trentino da sempre nota per essere una delle principali sedi estrattive e lavorative della pietra di porfido); l'incarico deriva dal contratto sottoscritto il 4 Agosto 1533 nel quale appaiono elencati i prezzi unitari a misura di murature, volti, crociere, camini, sia le Lazzaretto 1561modalità di calcolo dei volumi e delle opere. Fornitore degli inerti per gli impasti cementizi e per la posa dei materiali lapidei (trachite, pietra di Costozza e di Nanto) è Bartolomeo Pomaran il quale sottoscrive un accordo che prevede la consegna dei materiali a piè d'opera e l'unità di misura - la burchiela (barca) - per le quantità recapitate. Altri contratti si concludono con il tagliapietra Bartolomeo, il falegname Onorio e il fornaciaio Francesco della Sega, mentre a Battista Tessaro è affidata la fornitura della calcina.

  Dopo alcuni stati di avanzamento (1534-1535-1537) a cura del perito Giovanni Domenico Dall'Abaco, il "Giornale di cassa" si chiude il 5 Aprile del 1543 a riprova che il primo stralcio dei lavori doveva intendersi o compiuto nel rispetto del progetto iniziale o concluso per mancanza di fondi o, ancora, sospeso per inadempienze contrattuali mosse alle imprese appaltatrici. Fa propendere per quest'ultima ipotesi il fatto he l'incarico di stimare i lavori non sia più affidato al Dall'Abaco (attivo a Padova fin oltre il 1559) ma ad una terna (arbitrale?) di tecnici, eletti dai provveditori al Lazzaretto, formalmente costituita con un rogito del notaio Giovanni Maria Mazzocco, che sottoscrive l'atto nelle vesti di cancelliere della Comunità di Padova. La sottoscrizione di cancelliere, infatti, ci riporta ad un incarico solitamente ricoperto nell'ambito degli uffici giudiziari del tempo; il che indicherebbe l'esistenza di un contenzioso o di una lite sorta sulla qualità o sulle modalità esecutive dell'opera, rimessa alla superiore autorità.

 

d) la struttura architettonica

Il Lazzaretto si presentava nelle forme di un grande chiostro a pianta rettangolare ripartito su quattro lati, di cui due e mezzo edificati e porticati, ove in una sequenza modulare trovavano posto 70 stanze, e i restanti uno e mezzo definiti da alte mura. Lazzaretto 1791Le stanze misuravano quattro metri per cinque ed erano dotati di due finestre verso l'esterno. L'ala lungo il canale, rivolta a levante, si presentava a due piani con soprastante granaio, nonché dotata, verso l'interno, di un loggiato sovrapposto al portico. Al centro del cortile, visibile da tutte le stanze, stava un tempietto aperto su tutti i lati ove un colonnato, eretto ai vertici della base ottogonale, sorreggeva la cupola che proteggeva l'altare con la statua di S.Rocco, il santo patrono invocato dagli appestati per ottenere la guarigione.

  Nel suo insieme il complesso misurava all'esterno circa 97 metri per 103 ed era contiguo a nord con il cimitero comune, la grande tettoia riservata al trattamento e distruzione delle merci infette e, infine, con un'area posta a ridosso della strada Pelosa, ove sorgevano le casette delle maestranze e su cui svettava una massiccia torre colombara.

  Il concetto sanitario ispiratore dei questa architettura si fondava sulla divisione delle sezioni di ricovero delle persone colpite da malattia da quelle poste in osservazione (quarantena) e sulla presenza di ampie finestrature in grado di assicurare una continua ventilazione; i diversi corpi, infine, risultavano così collegati e disimpegnati tra loro solo attraverso spazi aperti porticati.

L'organizzazione e la gestione del Lazzaretto

  Già prima della costruzione il Lazzaretto venne dotato di un cospicuo complesso di beni fondiari e di rendite, in grado di assicurare un cespite per pagare le spese di amministrazione. Tra queste figuravano le rendite di tre ospedali della città; a queste si aggiungevano le rendite "nette", cioè una tassa fissa di due bagattini per ogni pegno acceso al Monte di Pietà e, per un breve periodo, si aggiunsero gli utili riscossi al "passo volante" del Bassanello, un traghetto sul Bacchiglione appositamente istituito per facilitare il transito di persone e merci da una riva all'altra del fiume.

  L'Ufficio di Sanità doveva provvedere alla gestione tecnico-amministrativa del complesso paraospedaliero. Nei locali della struttura sanitaria erano ricoverati "innumerevoli schiere di poveri"... chi veniva rinchiuso non poteva uscire senza apposita autorizzazione. A vigilare sia sulle persone che sulle cose vi erano all'esterno ed all'interno guardie armate, con l'ordine di sparare contro chiunque tentasse di fuggire o di asportare le merci poste sotto osservazione.

Note di cronaca in margine alla vita del lazzaretto

Durante l'età veneziana, Padova fu colpita da numerose epidemie e pestilenze. Le più note restano quelle del 1575 e del 1629-31, ma epidemie di vario genere furono frequenti e continue. Nei periodi sospetti merci e persone non potevano spostarsi senza la "fede di sanità"... chi veniva fermato privo del documento finiva immediatamente in carcere.

  L'esempio che segue illustra questa condizione. Nel 1555, anno di peste, il rapimento della dodicenne Lucrezia Bonamico, figlia ormai orfana del celebre professore universitario Lazzaro, fu involontariamente sventato proprio da un posto di blocco istituito dall'Ufficio di Sanità al passo di Curtarolo sul Brenta.

  I tre sequestratori avevano rapito Lucrezia a scopo di matrimonio, senza munirsi dell'apposito lasciapassare sanitario. Bloccati ed arrestati dalla sbiraglia del podestà Pietro Morosini, vennero ricondotti a Padova ed imprigionati. Dopo qualche giorno, i tre sequestratori, condannati a morte, vennero decapitati sulla pubblica piazza, con grande sbigottimento della città, a cui tanta severità parve eccessiva, visto che il matrimonio non era stato consumato.

La fine del Lazzaretto

  La fine del Lazzaretto venne decretata dalla costruzione del nuovo ospedale Giustinianeo, iniziata nel 1775. Persa l'originaria funzione di luogo d'isolamento e di segregazione per appestati o presunti tali, il "magnifico ed insigne" edificio che girava attorno all'ampia piazza dominata dalla chiesetta di S.Rocco, venne totalmente abbattuto.

  Con la soppressione dell'Ufficio di Sanità, l'area e i terreni adiacenti passarono nel patrimonio disponibile del comune di Padova che il 14 agosto 1821 ne decretò la vendita all'asta. ...poco tempo dopo, ogni traccia del secolare monumento era definitivamente cancellata.

 

  Non completemente cancellata ne è invece la memoria...il ricco fondo archivistico dell'Ufficio di Sanità che contiene una ingente mole di documenti sulla gestione, la vita e l'attività del Lazzaretto; le diverse mappe che ne riproducono l'aspetto architettonico; la toponomastica locale che ancora attribuisce a uno scolo l'idronimo Lazzaretto; la devozione a S.Rocco, ripresa nel 1990 dopo alcuni decenni di abbandono (Festa il 16 di Agosto nella golena del Brentella).

   Ma il monumento più rilevante resta quell'appezzamento di terreno utilizzato come fossa comune per dare dignitosa sepoltura alle migliaia di appestati morti tra le mura del lazzaretto: ancor oggi si attende che qualcuno lo protegga e ne ricordi la triste funzione; sotto quella terra riposano le reliquie di tanti nostri antenati.